Trovare nuovi clienti B2B: questo articolo affronta un tema chiave per tutte le aziende concentrandosi sul cercare nuovi clienti per coloro che operano nel B2B, il business-to-business.
Le differenze rispetto alle stesse attività nel settore B2C (business-to-customer) sono parecchie, al punto da rendere le attività di ricerca clienti molto diverse fra loro. Per rendere questa guida quanto più completa ed esaustiva abbiamo diviso l’articolo nei seguenti paragrafi.
Contenuti dell'articolo:
Le differenze possono essere molteplici come anche possono trovarsi similitudini, a seconda dei settori di riferimento. Il fatto che nel B2B ci rivolgiamo ad altre aziende mentre nel B2C ci rivolgiamo al consumatore finale non è infatti la discriminante più importante nell’identificare le differenze nella ricerca di nuovi clienti fra B2B e B2C.
Gli aspetti discriminanti più importanti sono il “ciclo di vita” e il “valore” del servizio o del prodotto venduto. Quando pensiamo al mondo “Consumer” immaginiamo una serie di vendite dello stesso prodotto a tanti clienti diversi.
Un sito più di nicchia dedicato per esempio ad equipaggiamento per il campeggio seguirà pur sempre la logica di un sito di e-commerce, con la discriminante del target: per questo sito sarà cruciale ottimizzare la targhettizzazione dei prospect interessati al campeggio.
Nel B2B, come azienda, ci rivolgiamo ad un’altra azienda, dunque probabilmente ricadremo in due casistiche: forniamo prodotti, parti, componenti utilizzati dal nostro cliente nel proprio ciclo produttivo, oppure offriamo servizi di cui l’azienda fruisce nelle proprie attività.
Tuttavia il “valore” della fornitura va a braccetto con il “ciclo di vita” della vendita, ed anche nel B2C ci sono casistiche che hanno molti punti di somiglianza con il B2B. Per la natura del prodotto o del servizio venduto in alcuni settori B2C è simile a quella del B2B.
Proviamo a fare qualche esempio. L’acquisto della prima casa, l’installazione di una cucina di pregio, l’acquisto di una macchina di lusso, sono tutti esempi dove il cliente raramente effettua delle scelte d’impulso. Sicuramente la ricerca della casa dei propri sogni porterà via mesi.
Una cucina di pregio per molte famiglie è un acquisto unico nella vita, probabilmente si diventerà clienti di una specifica marca dopo averla conosciuta ed apprezzata da amici, averne visto pubblicità, confrontato prezzi, visitato showroom.
Anche per la macchina di lusso, nel caso in cui non si parli di un miliardario o di una crisi di mezza età, molti ci arriveranno dopo aver desiderato un modello o una marca specifica per molti anni.
In questi tre esempi il cliente tipicamente impiega un lungo lasso di tempo dal momento in cui il desiderio o l’esigenza dell’acquisto nasce a quando si materializza.
Dunque possiamo dire che all’aumentare del valore dell’acquisto e all’allungarsi del periodo fra nascita dell’esigenza al momento dell’acquisto, le tecniche di acquisizione clienti nel B2C si avvicinano di molto a quelle del B2B.
Viceversa, non tutto ciò che acquista una azienda rientra in grandi piani strategici. Servizi e prodotti di basso valore potrebbero seguire una logica del tutto simile al B2C.
D’altronde oramai anche negli uffici si acquistano forniture da Amazon per la minuteria da ufficio senza più avere un fornitore di riferimento.
Il “ciclo di vita” del potenziale cliente comprende tutto ciò che accade da quando il prospect entra in contatto con la nostra azienda a quando diventa cliente. Per la maggior parte delle forniture B2B, sia di prodotti che di servizi, questo ciclo è molto lungo, nell’ordine dei mesi ed a volte di anni.
Questo aspetto stravolge l’approccio necessario alla ricerca di nuovi clienti nel B2B e spesso frustra il management e chi si occupa di marketing. Con un ciclo di vita così lungo è difficile mettere in pratica tattiche che portino a risultati immediati ma piuttosto bisogna avere una chiara strategia lungimirante che ci collochi esattamente al punto di incontro con il nostro potenziale cliente al momento opportuno per una vendita.
“Brand awareness” in breve significa farsi conoscere e riconoscere. Forse avrete già intuito che maggiore è la lunghezza del ciclo di vendita tanto più la brand awareness diventa importante. Quando il nostro prospect acquisterà da noi lo farà probabilmente solo se in qualche modo sente di conoscerci già, questo vale per la cucina di pregio come nel B2B.
Se parliamo di Revisione Contabile nessuno che non sia vissuto in una grotta non conosce Ernst & Young, PWC o KPMG e se cerchiamo una società di Management Consulting ci verranno in mente nomi come McKinsey es Accenture.
Proviamo ad immaginare un importante contratto di fornitura come se fosse un matrimonio, le similitudini ci sono, visto che potenzialmente ci lega ad un cliente per molti anni – pochi sposano il primo o la prima che passa, e pochi cercano un partner andando a urlare “voglio sposarmi” a perfetti sconosciuti.
Allo stesso modo, nella nostra ricerca clienti, dobbiamo fare in modo che il nostro target di riferimento sappia chi siamo e cosa facciamo prima ancora che sia stata ventilata l’ipotesi di un matrimonio!
Altrimenti, tutte le altre possibili azioni come la lead generation e il tentativo di conversione di un prospect in cliente saranno percorsi in salita dall’improbabile successo – con tutte le dovute eccezioni.
Un compito importante per la vostra azienda è conoscere esattamente il vostro prodotto o servizio e il cliente tipo a cui vi rivolgete, la cosiddetta “buyer persona”.
Credo concordiate che sarebbe inutile promuovere una azienda di componenti meccaniche per robotica con un annuncio su Novella 2000.
Molti manager che operano nel B2B hanno però spesso sottovalutato e snobbato i social non ritenendoli adeguati: se è vero che il pubblico di una pagina Facebook rischia di essere troppo generico, ci sono tanti strumenti pubblicitari digitali per targhettizzare fasce della popolazione fra cui si trovano anche i nostri prospect.
Detto questo, quello che non dobbiamo dimenticare è che chi va su un social come Facebook non lo fa con “buyer’s intent”, tantopiù nel B2B.
Dunque l’attività di promozione sui canali social non dedicati ai professionisti deve essere realizzato con il puro tentativo di pubblicizzare il proprio brand – non di vendere.
Quando McKinsey e Accenture fanno pubblicità su Facebook non lo fanno sperando di chiudere un contratto tramite quel canale, ma sperano che il prospect generato da un canale dedicato alla lead generation porti un contatto che, guarda caso, mentre chattava con amici e parenti, ha visto un ad della loro azienda.
In conclusione: attività di brand awareness nel B2B? Assolutamente sì, tanto meglio quanto più mirato alle fasce di popolazione che con più probabilità contengono i decision makers del nostro settore di riferimento.
Fino ad ora abbiamo parlato in termini generici, da questo paragrafo in avanti cerchiamo di essere molto più specifici e dettagliati fornendo strumenti pratici per capire come agire se siete alla ricerca di nuovi clienti nel B2B.
A questo fine, ci dobbiamo familiarizzare con un po’ di gergo, nulla di troppo complicato.
In altre parole il costo per arrivare ad avere il contatto di un prospect, nulla di complicato, ma attenzione. Il costo di acquisizione del prospect deve essere calcolato includendo tutte le voci di budget a supporto dell’attività di ricerca, inclusa la promozione per aumentare la Brand Awareness e la quota di risorse dell’azienda assorbite dall’attività stessa, in termini di personale, materiali, spese e così via.
Ovvero, la porzione di prospect che riusciamo a trasformare in clienti. Questa metrica dovrebbe essere calcolata per ciascun canale, dalla mailing list alla divisione commerciale alla pubblicità online. Per ora accontentiamoci di pensare a questa metrica in termini aggregati.
Questo valore rappresenta uno dei pilastri dell’analisi del business di qualsiasi azienda ed è dato semplicemente da PAC x CR. Ovvero, dal costo di acquisizione di un prospect moltiplicato il tasso di conversione dei prospect in clienti.
Per fare un esempio, se ci occorre un pool di cento prospect per chiudere un contratto il nostro tasso di conversione è pari all’un percento.
Sull’altro piatto della bilancia dobbiamo mettere il valore di un cliente. La metrica di cui abbiamo bisogno per le nostre analisi non è tanto il valore della prima commessa che il cliente firma, quanto il valore medio di un cliente per tutto il periodo di tempo che rimarrà nostro cliente, ovvero il Customer Lifetime Value (CLV) che sarà calcolato al netto del costo totale per soddisfare la fornitura.
Perché questa distinzione? Prima ho citato Accenture e una recente pubblicazione indicava non solo che il 96% delle società del Fortune 100 erano loro clienti, ma il 94% lo era da almeno 5 anni e il 91% lo era da più di 10 anni.
Mi vengono i brividi solo a pensarci, sono statistiche che danno un’idea della magnitudo della loro presenza, competenza e forza. Se acquisite un cliente e questo rimarrà con voi per un decennio è ovvio che l’impatto del Customer Acquisition Cost (CAC) è molto meno importante sui ricavi.
Arriviamo così ad una definizione di ricavi diversa da quella che siamo abituati a calcolare dai libri contabili come EBITDA o MOL.
E’ evidente che all’aumentare del CLV o al diminuire del CAC i nostri ricavi aumentano a parità di clienti o viceversa a parità di CLV e CAC il nostro business è scalabile continuando ad aumentare i clienti.
Come per l’EBITDA, dobbiamo ancora prendere in considerazione interessi passivi, tassazione, deprezzamento e ammortamenti dunque per avere una società sana e con un futuro sostenibile non è sufficiente che il Customer Lifetime Value superi il Customer Acquisition Cost così da avere un margine positivo per generare ricavi.
In questo articolo non è nostro obbiettivo fare considerazioni approfondite in merito, ma visto che nei paesi anglosassoni vanno tanto di moda le cosiddette rules of thumb, o regole di massima, cerchiamo di darne una anche qui per permetterci di capire quanto possiamo spendere per acquisire nuovi clienti B2B.
Ovvero, il costo di acquisizione di un nuovo cliente non deve superare un terzo del valore complessivo del cliente (nel corso della sua vita come cliente presso di noi).
Essendo questa una regola di massima ed essendo la pressione fiscale italiana più alta suggerisco di portare questo rapporto a quattro a uno, ovvero CLV > 4 x CAC.
Se siamo una software house che fornisce siti web, portali, e-commerce e servizi associati, immaginiamo ipoteticamente che un cliente medio, nel corso degli anni, ci porti 50,000€ (al netto dei costi di fornitura).
In questo caso il budget massimo che possiamo spendere per acquisire un nuovo cliente è 12,500€, un quarto del CLV.
Questo è un semplice esempio, ma chiave per determinare il nostro budget in tutte le attività di acquisizione clienti. Se il cliente medio ci porta solo €5,000 il budget è drammaticamente ridotto a €1250.
Se, come nell’esempio citato il CLV è di €50,000 ed il mio CR, tasso di conversione, pari all’un percento, avremo a disposizione €12,500 per trovare 100 lead qualificati.
Dal budget dobbiamo scalare tutti i costi di promozione, di personale, e vivi – come campagne pubblicitarie e così via.
Se ad esempio dedicassimo 50% del nostro budget a questa attività significherebbe avere a disposizione poco più di 50 euro per ogni lead qualificato generato, coperti tutti i costi di cui prima.
Il restante budget sarà assorbito dal tentativo di convertire i 100 lead in 1 cliente. Se abbiamo una struttura commerciale questa avrà un costo, che spalmato ci indicherà il costo di primo contatto di ognuno dei 100 clienti.
A titolo esemplificativo immaginiamo questa attività assorba 25% del budget e mettiamo caso che dopo la prima scrematura si arrivi a fissare 10 appuntamenti presso 10 clienti.
A questo punto a quanto ammonterà il nostro budget residuo? Poco più di €3000 per 10 prospect che dovranno bastarci fino ad arrivare alla firma di un contratto, che come abbiamo visto nel B2B potrebbe richiedere mesi e incontri multipli.
Perdonatemi se i calcoli sono semplicistici, ma vi assicuro che nella nostra esperienza sono poche le aziende, specie fra le PMI, che hanno anche solo delle vaghe stime di questi valori.
In molte aziende il marketing viene visto quasi come un costo amministrativo visto che nessuno è in grado di calcolarne il ritorno e spesso l’unico terreno con numeri certi sono le provvigioni dei commerciali sulle commessa.
A parte l’esempio immaginario che ho fatto, spero che abbiate colto l’importanza di avere una visione d’insieme con le metriche indicate.
Nei punti precedenti è emerso come l’acquisizione di un cliente sia nel caso del B2B un lungo processo fatto di varie fasi. Da un lato si scalda l’ambiente con attività di Brand Awareness, dall’altro si definiscono i parametri di riferimento per le attività di acquisizione, attivazione e conversione dei prospect in clienti.
Ora che stiamo entrando sempre più nel dettaglio, ho aggiunto la parola “attivazione” alla sequenza acquisizione-conversione.
Se stessimo parlando di B2C e di un e-commerce che vende telefonini online, questa fase di attivazione viene misurata in secondi, in istanti sufficienti al cliente a capire se si trova sul sito giusto, se trova il prodotto che fa per lui, prima di decidere se rimanere freddo ed andarsene o scaldarsi e procedere al checkout.
Come già detto potrebbero passare mesi da quando un prospect entra per la prima volta in contatto con la nostra azienda a quando viene convertito in cliente. Nel caso dell’e-commerce ci giochiamo tutto con la presentazione, la qualità del sito, il prezzo e la cosiddetta customer experience.
Ma, se siamo una società di Management Consulting, oppure di sistemi informatici complessi o ancora di componentistica meccanica per l’industria, il processo di scelta sarà molto più articolato. Questo non ci giustifica in nessun modo dal non presentarci in maniera adeguata, il nostro sito dovrà essere curato, chiaro e facile da navigare.
Non a caso su un sito B2B, per esempio, si curerà molto la sezione relativa a clienti, referenze, testimonianze, progetti nonchè la presentazione del team o del management, o ancora si potranno presentare statistiche su tipo e quantità di forniture, anni di attività o altri parametri.
Tutto questo ricade nella cosiddetta sfera della Social Confirmation – incluso per esempio il numero di followers della nostra pagina facebook o altri parametri derivanti dai canali social – elementi che confermano la nostra solidità e serietà.
C’è un solo modo per farlo ed è faticoso, richiede risorse, ma è l’unico che porterà risultati a lungo termine. Dovete fornire del valore al vostro “contatto” prima ancora di trattarlo da potenziale cliente.
Potete scrivere articoli, guide, analisi del settore, mettete a disposizione le vostre conoscenze (nei limiti del possibile rispetto alla concorrenza) ma non abbiate timore di far sentire la vostra voce, la maggior parte di quelli che sembrano segreti aziendali sono segreti di pulcinella o semplicemente pensieri di terzi ordinati e rieditati per essere fruibili e leggibili.
Anche solo compilando una guida estratta da articoli che magari per mestiere avete letto fornirete un sunto utile a chi non è così addentro alla materia come voi. Potete farlo con articoli, video, guide, ebook. Quello che volete. L’importante è che forniate valore. Visitate i siti di alcune delle grandi aziende che ho citato prima, troverete analisi di mercato, indagini di settore ed articoli di primissima qualità.
Se riuscite ad emergere come una autorità sulla materia che trattate, degli esperti del settore, rispettati per quanto dite e fate vedrete che i clienti si presenteranno alla vostra porta riducendo drasticamente il lavoro di ricerca. Questo però è un investimento a lungo termine, e se siete una startup rimboccatevi le maniche. Ci vuole tempo.
In parte abbiamo già trattato l’argomento nei punti precedenti ma vorrei fare alcune precisazioni.
I giorni delle newsletter sono praticamente finiti, non basta più bombardare il mondo a caso con email scaricate da uno scraper su internet, non basta più buttar 100€ su un annuncio su Facebook per trovare clienti, potrei continuare con gli esempi, ma credo abbiate capito che il mondo intorno a noi sta cambiando.
C’è chi continua a vivere del nome che si è costruito negli anni, penso per esempio ad uno studio di avvocati o a un commercialista, ma c’è anche chi si presenta su mercato senza nulla che lo aiuti ad attirare i primi clienti e si trova davanti ad un muro quasi invalicabile.
Ci sono le rare eccezioni di startup innovative che stravolgono e penetrano il mercato con l’innovazione, ma ci sono anche molte startup che dopo un anno hanno già chiuso i battenti.
Non tutti i business che vengono aperti sono startup innovative, a volte sono solo business tradizionali che vogliono semplicemente ed onestamente guadagnarsi una fetta di mercato, con duro lavoro ed onestà. La strada all’inizio è in salita, ripida e difficile, ma non senza speranze.
Il duro lavoro dei primi anni verrà ricompensato sul lungo termine, specialmente se continuerete a dare valore e pazientemente ascoltare e dare informazioni utili ai vostri prospect. Arriverà il giorno che quel consiglio che vi vorranno chiedere diventerà una commessa.
La lead generation nella ricerca di nuovi clienti B2B non è pesca con le reti a strascico dove si perlustrano i mari e più grande la rete maggiore il pescato. Nel B2B dovete pensare ad un vivaio che curerete con tutte le vostre attenzioni nel tempo. Abbiamo scritto un altro articolo che potrebbe interessarvi, dedicato alla Senior Lead Generation and Conversion.
Quando la relazione con un prospect per arrivare alla chiusura del contratto è molto lunga, l’approccio deve essere molto soft, non aggressivo, mirato a raccogliere con cura contatti potenziali da inserire nella nostra comunità (o vivaio nella metafora precedente)…
Questi contatti non dovranno essere aggrediti ma informati, curati, seguiti, specie con attività che possono aggiungere loro valore, in via del tutto gratuita per guadagnare fiducia e rispetto.
Può anche essere efficace lo storytelling che porti l’esperienza quotidiana della vostra azienda a nudo, è un processo che può facilitare la creazione di un legame basato sull’empatia, sugli sforzi, difficoltà e successi che tutti viviamo per ogni business.
Abbiamo trattato molti argomenti, dalla differenza fra B2B e B2C, al ciclo di vita di un prospect, alle metriche per comprendere gli spazi di manovra nonchè delle regole di massima per capire come stabilire il budget per le attività di ricerca clienti. Abbiamo trattato brevemente il tema della Brand Awareness spesso sottovalutata nel B2B per arrivare a parlare della Lead Generation in termini di relazioni da stabilire, curare e far crescere. Non ci resta che augurarvi buon lavoro e venti favorevoli.
Marco Nannini
CEO UK & ITALY
marco@primeconsult.it
+39 3204093306
Prime Consulting
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