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Strategia di Marketing: approccio e tendenze per il 2020

Strategia di marketing: come attuarlo e quali strumenti utilizzare nel 2020?

Si parla spesso dell’importanza di strutturare una corretta strategia di marketing per raggiungere i propri obbiettivi promozionali e di vendita. E’ però spesso la fase di implementazione della strategia in cui emergono i primi problemi. Le attività da portare avanti coinvolgono più persone e dipartimenti e spesso il coordinamento dell’azione complessiva è carente. Per questo occorre trattare la nostra strategia di marketing come un progetto. Dovrà avere obbiettivi, responsabili, scadenze, un meccanismo di feedback per valutare lo stato di avanzamento. In altre parole occorre fare project management.

Il committente è chiaramente l’azienda stessa, il project manager può essere una figura interna o un consulente esterno. Al capo del dipartimento spetta l’importante ruolo di mantenere una visione d’insieme sulla strategia. Il project manager si occuperà di implementarla in tutte le sue fasi facendo rispettare tempi e budget. Dovrà anche monitorare il risultato ottenuto rispetto a quello atteso per ogni attività e riferire dell’avanzamento al committente.

E’ importante che il ruolo di project manager sia affidato a chi ha le competenze, con un’attitudine all’ottenimento di risultati misurabili. Non sempre la formazione degli esperti di Marketing li rende anche ottimi nel project management.

Cos’è una strategia di marketing?

Prima di chiederci come si strutturi o vada gestita una strategia di marketing, dovremmo soffermarci sul significato del termine strategia.

 “È la tecnica di individuare gli obiettivi generali di un’attività, i modi e i mezzi più opportuni per raggiungerli” (Enciclopedia Treccani).

In questa definizione troviamo due elementi spesso sottovalutati dalla maggior parte delle aziende. Il primo è certamente l’individuazione degli obiettivi, che determinano l’esistenza stessa della strategia di marketing. Il secondo sono i mezzi attraverso i quali raggiungere tali obiettivi. Il terzo, se pur non citato, dovrebbe includere il monitoraggio dei risultati​​.

L’azienda e la gestione della strategia di marketing

Quando si passa dalla visione concettuale alla fase operativa, non tutte le aziende sanno trasformare le proprie idee in risultati. Questo accade soprattutto perché il committente, ovvero l’azienda stessa, ha nel fatturato il proprio obbiettivo.

Il dipartimento di Marketing invece non è abituato a ragionare solo per fatturato, ma ha una visione più effimera e sfaccettata. Non ha una immediata percezione del contributo di ogni azione della strategia di marketing in termini di bilancio.

Nascono dunque incomprensioni fra Management e dipartimento di Marketing. Il Management vuole conoscere il ROI (return-on-investment) del budget speso in Marketing. Il Marketing Manager parla di visione, di collocamento del brand, di social engagement, di percezioni, di valore aggiunto. Se pur l’obbiettivo è comune, la dialettica è diversa.

La consulenza come strumento di mediazione fra management e marketing

Il dialogo fra Management e Marketing Manager richiede una mediazione. Abbiamo bisogno di una figura che capisca sia il linguaggio del Management ed anche quello del Marketing. Deve conoscere il Marketing nelle sue applicazioni concrete, non per massimi sistemi. Questa persona indosserà sempre due cappelli. Da un lato riuscirà a parlare il linguaggio del Marketing, dall’altro saprà ricondurre queste parole a numeri e dati comprensibili al Management.

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Questa figura diventa responsabile di introdurre una metodica di project management nella dialettica del marketing. Deve conoscere canali, strumenti del marketing e strumenti di monitoraggio delle azioni portate avanti.

Come vengono acquisiti i nostri clienti, da che canali, a che costo, con quale tasso di conversione? Qual’è il trend di ciascun canale, è il sito a trainare il traffico con i suoi contenuti SEO? Oppure sono i canali social a garantirci visibilità e traffico?

Come mettere in pratica una strategia di marketing

Il responsabile di progetto dovrà mappare tutti i canali di comunicazione utilizzati dall’azienda e dividerli fra canali di vendita e canali per aumentare la brand awareness. Partendo dal sito web analizzeremo tutto ciò che ruota intorno ad esso. Non tutte le aziende usano tutti i canali social, né devono necessariamente farlo. Molte aziende usano anche canali offline, come pubblicità TV e Radio o volantinaggio, ma rimaniamo in ambito digital.

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Il monitoraggio continuo dei dati

Il re degli strumenti di analisi rimane Google Analytics, dove potremo monitorare e segmentare il traffico al nostro sito. Abbiamo a disposizione anche gli Insights di Facebook e altri tool per Instagram, Linkedin, Youtube ed ogni altro canale.

Ma, in prima analisi ci interessa capire quanto ciascun canale contribuisca al traffico totale del nostro sito. Solo in seconda analisi valuteremo per esempio la copertura dei nostri post su Facebook.

Perché questa distinzione vi chiederete? Il traffico sul nostro sito è quello che possiamo convertire in lead e vendite. Il traffico social è molto effimero, perché l’utente social non usa il canale con “buyer’s intent“, l’intenzione di acquistare, lo usa per distarsi.

Non è un caso che il contributo dei Social al nostro traffico su sito raramente raggiunga percentuali importanti. Spesso poi, risulta essere traffico di bassa qualità che con un altissimo bounce rate. Questi elementi da soli ci fanno ben intuire come tutto ciò che avviene nel mondo social vada preso con la giusta dose di pragmatismo.

Sui social spesso è difficile veicolare messaggi articolati e complessi, perché ci troviamo di fronte ad un pubblico distratto che frettolosamente scorre centinaia di post.

In anni passati davano anche buone opportunità di fare pubblicità a costi bassi e convertire in vendite, ma le cose son cambiate. I social stanno diventando progressivamente strumenti più adatti alla sola brand awareness.

Il potenziale di Google

Prima abbiamo parlato di “buyer’s intent”, ovvero la propensione che l’utente ha verso l’acquisto. Se questa è molto bassa sui social, chi si siede di fronte ad un motore di ricerca lo fa per trovare informazioni. Queste informazioni possono riguardare un prodotto o servizio da acquistare.

Quando l’utente vuole sapere qualcosa, o informarsi per acquistare qualcosa, non usa i social, ma cerca su Google. Questa differenza di approccio dell’utente rende i due mondi molto diversi.

Distinzione fra B2B e B2C

Dobbiamo aprire una parentesi sulla distinzione fra Business-to-Business e Business-to-Consumer. Nel mondo B2C esistono aree di mercato dove l’utente compra oggetti online anche d’impulso in risposta diretta ad una pubblicità. In questo caso, in alcune nicchie, anche i social possono rappresentare un canale di vendita.

Quando invece parliamo di B2B dobbiamo prendere atto che le dinamiche di vendita sono completamente diverse. Nel B2B infatti non c’è la possibilità di vendere facendo leva sull’impulso momentaneo delle persone. Bisogna riuscire ad instaurare un rapporto con il nostro cliente potenziale. Farci, conoscere e riconoscere, far sapere che siamo competenti e, quando il nostro cliente cercherà un bene o servizio che offriamo, farci trovare.

Secondo questa logica nel B2B il mondo dei social si adatta a farci conoscere, a creare appunto Brand Awareness, ma non rappresentano canale di vendita.

Quando poi il potenziale cliente avrà autonomamente maturato il desiderio di acquistare un bene o servizio andrà molto probabilmente su un motore di ricerca. Sul motore di ricerca valuterà offerta, concorrenza, opzioni, prezzi. In questo momento è importante che ci trovi fra i primi risultati di ricerca.

Come farsi trovare su un motore di ricerca

Il meccanismo per cui un motore di ricerca propone i risultati a fronte di una ricerca è materia ampia e complessa. Il primo fattore che entra in gioco è la pertinenza, ovvero la corrispondenza fra ricerca e parole contenute nell’articolo. Il secondo fattore è l’autorità che abbiamo.

I nostri articoli devono rispondere alle domande che il nostro potenziale cliente si pone. Scrivere articoli con questa finalità significa scrivere articoli SEO, ottimizzati per i motori di ricerca. SEO sta infatti per Search Engine Optimisation, ed è un modo di scrivere con delle regole piuttosto complicate.

Scrivere articoli SEO di qualità non è affatto semplice e sono molte le aziende che decidono di acquistare questo tipo di articoli da terzi. La Prime Consulting ha sviluppato una propria piattaforma di incontro fra aziende in cerca di contenuti e scrittori SEO esperti. Questo perché i trend digitali indicano chiaramente come l’attività SEO sarà sempre più preponderante.

Perché è importante essere ben posizionati sui motori di ricerca

Semplicemente perché i primi risultati ricevono più click! L’azienda che intende apparire tra nelle prime posizioni dei risultati di ricerca, dunque, dovrà dedicare degli investimenti alla propria strategia SEO. Dovrà analizzare le parole chiave più ricercate nel proprio settore che andranno a costituire il proprio core semantico. Quell’insieme di parole che le rappresenta e sono proprie del mondo di cui l’azienda fa parte.

A partire dal core semantico si andrà a fare una analisi approfondita di tutte le parole e frasi correlate. Di ciascuna dovremo poi analizzare il traffico e la concorrenza. Dobbiamo fare una analisi costo beneficio per decidere quali parole presidiare.

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Authority e Difficoltà di posizionamento

Quando parliamo di Authority di un sito web, ci riferiamo al livello di autorevolezza determinato da alcuni fattori:

  1. Qualità del contenuto
  2. Link interni ed esterni
  3. Strutturazione del sito
  4. Contenuti originali

 

Questi fattori concorrono alla maggiore possibilità di posizionarci per una determinata parola chiave. Può essere difficile posizionarsi per una parola chiave: esistono centinaia di business come il nostro che desiderano essere i primi su google per le parole chiave di settore più ricercate.

Le tendenze Social per il 2020

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Youtube e Linkedin

Anche i social sono un canale di comunicazione valido, ma ognuno di essi è più utile ad uno scopo specifico. Molti, sentendo parlare di Social, pensano immediatamente a Facebook e Instagram, come se fossero le uniche piattaforme valide. Nulla di più errato: il nuovo report 2020 di We are Social rileva un quadro del tutto differente. Il Social più utilizzato in Italia, infatti, non appartiene a Casa Zuckerberg, ma è la famosa piattaforma video Youtube.

Quest’ultima, presenta una struttura e un’indicizzazione dei video molto simile a quella dell’algoritmo di Google. Anche su Youtube, infatti, i video sono ordinati e richiamati sulla base delle parole chiave utilizzate come tag.

Instagram e Facebook: quali sono i limiti?

Instagram e Facebook sono i social di cui si parla di più, ma certamente hanno perso il podio di “più utilizzati” nel marketing. In particolare, Facebook non possiede più la capacità di generare traffico di qualità verso il nostro sito aziendale. Come detto è importante per le strategie di brand awareness. Per Instagram, il social visuale per eccellenza, il discorso è molto simile al precedente.  Al giorno d’oggi esso presenta un bassissimo riscontro commerciale, soprattutto per quelle aziende con target di età superiore ai 30 anni.

Linkedin: il nuovo strumento per la Lead Generation

Se Facebook e Instagram hanno perso gran parte del loro potenziale per le aziende, un altro Social sta guadagnando terreno, soprattutto nell’ambito della lead generation. Linkedin facilita il compito di entrare in contatto con persone che rientrano nel nostro target. Il costo di promozione a pagamento è molto alto e spesso non giustificabile, ma è un ottimo strumento di lead generation gratuito. Ci consente semplicemente di entrare in contatto con professionisti del settore e col ruolo che abbiamo profilato come potenziale cliente.

Campagne a Pagamento: sono davvero utili?

Un’ultima riflessione sulle campagne a pagamento su Google e Facebook (o altri canali). Spesso ci si chiede quanto investire su queste piattaforme, ma sarebbe più utile chiedersi se ne vale davvero la pena. Come abbiamo visto, le potenzialità della SEO ci permettono di conquistare una visibilità organica non indifferente. Occorre bilanciare e distribuire le risorse in base ai risultati, eliminando gli sprechi.

D’altro canto, Social come Linkedin, ci consentono di ottenere dei lead qualificati che non troveremmo su Facebook o Instagram. Una campagna a pagamento su Google o Facebook può esserci tuttavia molto utile in una fase di retargeting. Ovvero rivolto a persone che hanno già visitato il nostro sito. Questo perché in tale fase possediamo già un traffico qualificato e vogliamo semplicemente stimolarlo con offerte e contenuti. Invece, la pubblicità tout-court sui social ha spesso bassi riscontri commerciali.

Conclusioni: come ottenere risultati

Come si evince chiaramente dall’articolo, la messa in pratica della propria strategia di marketing non è affatto semplice. Spesso, la sola conoscenza del marketing e degli obiettivi non basta: saper scegliere gli strumenti è fondamentale per la corretta riuscita di una strategia. Scegliere Facebook piuttosto che Linkedin in una fase di branding o optare per la SEO o Linkedin per ottenere nuovi clienti può essere determinante. Le scelte corrette possono essere effettuate solo conoscendo bene gli strumenti. Investire il proprio budget in una consulenza professionale può risultare un risparmio a lungo termine. La Prime Consulting offre servizi di consulenza in tutti questi ambiti.

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